Emoticon: esempio di comunicazione simbolica

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Quando il linguaggio non verbale spopola in rete: l’esempio riuscito della comunicazione simbolica delle «emoticon».

La nostra vita linguistica si sviluppa in un contesto comunicativo discorsivo, dove la singola frase è una concatenazione di enunciati legati tra loro. Cosa succede però quando il linguaggio si tramuta in immagini?

Tristezza, felicità sono solo alcuni degli stati d’animo trasformati in icone che impazzano sui canali web e sugli smartphone sostituendo la parola, rafforzando o smorzando toni che potrebbero apparire troppo seri all’interno dell’enunciato stesso.

Creatore dell’«emoticon» è S. E. Fahlman, professore di informatica statunitense, che nel 1982 propose per la prima volta ai suoi colleghi di utilizzare 🙂 rappresentando una situazione positiva in contrapposizione a 🙁 avente, invece, una connotazione negativa. Senza troppe articolazioni, costituiti da segni della punteggiatura, essi divennero presto simboli di un linguaggio collettivo.

Ogni idioma è soggetto a un processo evolutivo e come tale, subisce delle variazioni ed arricchimenti talvolta anche tramite i cosiddetti prestiti linguistici.

Lo stesso accade per l’emoticon che in un arco temporale relativamente breve ha cambiato totalmente volto passando a essere icone tramite un giovane operatore telefonico di SoftBank giapponese nel 1997. Per errore però, la nascita delle prime emoji viene attribuita ad un altro nipponico Shigetaka Kurita. Egli, ispirandosi ai manga, ai segnali stradali e agli ideogrammi cinesi, ne coniò 172.

Oggi, quattro utenti su cinque di età compresa tra i 18 e i 65 anni utilizzano le emoji per intrattenere conversazioni social.

La «Face with tears of joy» ovvero la faccina che ride con lacrime di gioia, risulterà nel 2015 l’icona più utilizzata al mondo, tanto da essere riconosciuta come parola dell’anno dall’Oxford Dictionary.

Un sistema di scrittura quello delle emoji che, anche se separato da 5.000 anni di storia e da un divario culturale enorme, lo avvicina ai geroglifici egizi.

Del resto, come scriveva Aristotele:

Lo spirito non pensa mai senza un’immagine


 

Riferimenti:

 

 

 

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2 risposte

  1. Vorrei avere la pretesa di affermare che la citazione aristotelica è quanto di più appropriato per un articolo di siffatta caratura. L’argomentazione, a me cara, è stata esplicata in modo alquanto esaustivo, i miei più sinceri complimenti.

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